DIARIO DEL FESTIVAL – 04.07.2018- El color del camaleòn

Diario Del Festival
Progetto di alternanza scuola – lavoro realizzato dai ragazzi della classe III  U del Liceo delle scienze Umane Camillo Finocchiaro Aprile di Palermo 

EL COLOR DEL CAMALEON

La ricostruzione del passato.

El color del camaleòn è un documentario diretto Andrés Lubbert, che racconta la storia di Jorge, un uomo diventato uno strumento nelle mani dei servizi segreti cileni, che lo rendono estremamente violento.
Jorge, infine, riesce a scappare dal Cile e giunge a Berlino est, dove diventa un cameraman di guerra.
Nella terza serata del festival abbiamo avuto la possibilità di intervistare il regista del documentario, al quale abbiamo posto tre domande:

  1. Come è iniziata la sua carriera di regista?

<<Quando ero piccolo, il mio sogno non era diventare un regista, ma diventare un giocatore professionista di calcio. Quando ho realizzato che non avrei potuto diventarlo, ho iniziato a viaggiare nel sud America, perché mio padre era originario del Cile. Lì ho scoperto il cinema argentino e mi è piaciuto molto. Grazie a questo, ho deciso di studiare cinema lì, essendo stato già influenzato da mio padre, poiché era un cameraman.
Successivamente, ho realizzato piccoli film a casa e con alcuni amici.
Non pensavo potesse diventare la mia professione, ma è stata una cosa naturale, è semplicemente accaduto.>>

  1. Da dove le è venuta l’idea di realizzare questo documentario?

<<Ci sono due motivi: il primo è la ricerca della mia identità. Quando avevo 19 anni ed ho finito il liceo, io e la mia famiglia abbiamo raggiunto mio padre in Cile, ed ho deciso di conoscere il motivo per cui lui, all’età di 17 anni, è andato via dal Belgio, luogo dove sono nato. Non mi ha mai rivelato il perché e con lui non ho mai avuto un buon rapporto. Il secondo motivo è collegato a questo: con questo documentario ho voluto raccontare la storia di mio padre, affinché potessi sentirmi più vicino a lui.
A 30 anni, lui, con il suo lavoro, è andato in Iugoslavia, in Iraq e in Afghanistan, dove vi erano numerosi conflitti. Assistere a tali situazioni ha causato in lui vari problemi psicologici, e l’uso di alcool e droghe. Il suo comportamento in me ha causato un grande trauma.
Il film parla proprio di questo, ma anche del rapporto tra un padre e un figlio ed è, allo stesso tempo, una ricostruzione del passato>>.

  1. Qual è il messaggio che vuole trasmettere con questo documentario?

<<Il messaggio che voglio trasmettere con questo documentario è mostrare ciò che la dittatura ha avuto il potere di fare su mio padre: ha trasformato dei giovani ragazzi in ciò che voleva, cioè spie al suo servizio, senza remore e alcun rispetto per la loro persona.>>

 

Federica D’Onofrio e Francesca Russo

 

 

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