Diario Festival – 14 settembre – Di un naufragio collettivo – Matteo Marcellin e Lorenzo Vergari
Di un naufragio collettivo di Matteo Marcellin e Lorenzo Vergari
Tra i cortometraggi proiettati ieri sera a Ca’ dei Ricchi, Il naufrago. Più che il protagonista, però a naufragare sono gli spettatori che naufragano tra le onde di un corto discutibile: un mare di suoni disincarnati, scritte inadeguate, fotogrammi sgranati.
La storia in sé è interessante, non altrettanto si può dire della resa stilistica. La voce narrante è affidata a una donna – probabilmente la regista – che, ricevute alcune foto, ricerca i luoghi cui esse rimandano, solo attraverso delle coordinate. Il mittente – un marinaio, antica fiamma della donna – vaga disperso su un’isola dopo essere stato costretto ad abbandonare la sua nave. Perno della vicenda dovrebbe essere, almeno nelle intenzioni, l’inseguimento del naufrago da parte della donna: nel cortometraggio si avvicendano le foto di lui, in bianco e nero, e i video di lei, che riproducono gli stessi paesaggi, ma a colori. Il corto è un continuo intreccio di piani temporali del naufrago e della regista, che si cercano vicendevolmente per unirsi oltre il tempo negli stessi luoghi.
La storia, per l’indugiare della macchina da presa sul paesaggio, potrebbe ricordare L’Avventura di Antonioni (1960) e potrebbe essere un’intrigante vicenda sentimentale. Tuttavia senza la sinossi – riportata nel catalogo del Sole Luna Festival – non avremmo capito la trama: nel cortometraggio, infatti, nessuna parola, solo scritte poco leggibili – bianco su sfondo bianco. Inoltre, fotogrammi volutamente sfocati e rumori sordi creano nello spettatore un senso di spaesamento così come la brusca alternanza del colore al bianco e nero.
Se si può intravedere un’ allusione alla pittura romantica, in particolare a William Turner, il cortometraggio risulta comunque goffo nel tentativo di mettere in scena un lirismo di cui si conserva qualche traccia solo nell’idea di una trama non resa.
Andrea Mura, direttore artistico del Festival, a proposito della selezione del corto, risponde: “E’ un esempio di documentario che si avvicina alla videoarte, ci piaceva l’idea di proporre varie tipologie di documentario. Nei corti l’intento è quello di privilegiare scelte stilistiche diverse. Non vi è piaciuto? Mi dispiace. Secondo me era interessante perché ha la visione di un documentario, ma è molto personale: non riproduce solo la realtà, ma anche la soggettività della regista.”
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