Diario Festival – 13 settembre – L’acqua dell’armonia – Icaro Bortoluzzi
L’acqua dell’armonia di Icaro Bortoluzzi
La cima di una montagna emerge da un mare di nuvole. Una musica dolce, quasi timida si percepisce in lontananza. Un fiume che taglia la montagna e si apre in un enorme lago. Una radio sputa musica e parole. Questo è L’eau sacrée, un documentario stravagante e sfacciato del belga Olivier Jourdain sul piacere femminile in Ruanda.
Una pellicola incalzante, ritmata e fisica senza rispetto per uno dei tabù della società occidentale, il piacere sessuale. Ma la potenza del messaggio è nulla senza le magnifiche riprese in cui il tempo sembra fermarsi: un uomo nella penombra chiude la porta del suo negozio, gocce d’acque che cadono da una foglia, mani che si sfiorano. Il regista preferisce dettagli a scene corali: una bocca che parla, una pagaia che scalfisce la superficie dell’acqua. Le persone parlano, ridono, cantano, battono le mani creando così un movimento ipnotico. La musica scandisce la vita, il movimento. Le risate della gente si sovrappongono a tamburi e a sonagli in una danza frenetica e si scontrano con i fiumi placidi e i paesaggi delle montagne che sembrano trasmettere una quiete impenetrabile. Questo binomio offre uno spettacolo mozzafiato, due realtà così diverse in perfetta sintonia, da cui scaturisce impetuosa l’acqua sacra.
Il potere della pellicola evolve dal semplice documentario di reportage trasformandosi in un viaggio verso l’origine della vita. Un’indagine dell’essenza umana.
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