Diario Festival – Reportage – Intervista a Calò – Beatrice Lorenzon
Intervista a Calò di Beatrice Lorenzon
“Io e la mia famiglia siamo diventati miliardari di umanità, perché accogliere paradossalmente non significa donare, ma ricevere.”
I sei migranti che Antonio Calò ha accolto nella sua stessa casa alle porte di Treviso sono diventati parte integrante della sua famiglia. La vicenda è ripercorsa, insieme ad altri modelli virtuosi di accoglienza – Riace, i laboratori teatrali di Bologna, la casa a colori di Dolo, nel film Dove vanno le nuvole di Massimo Ferrari.
Abbiamo incontrato il professore dopo la proiezione, spinte dall’interesse per una storia straordinaria che Calò vuole definire “normale”.
Perché ha deciso di ospitare dei migranti e di farli diventare parte della famiglia?
È un discorso di coscienza. Quando una persona sa – e purtroppo essendo un professore di storia è il mio mestiere sapere – non può restare indifferente. E l’indifferenza è un male pericolosissimo. Noi ci siamo lasciati colpire, e abbiamo aperto la porta.
Quando ha deciso di dire basta?
Il 18 aprile 2015. Sono tornato a casa e buttando via la cartella, dopo aver sentito la notizia di 700 morti in un giorno, ho deciso di non essere più uno spettatore, ma di diventare attore, sporcandomi le mani in prima persona, e così è nata questa scelta. Siamo andati in prefettura e ho scoperto che non c’erano altre famiglie che avevano accolto dei migranti. Pensavo di trovare una rete, di essere uno fra tanti, invece non ci sono leggi che permettono questo tipo di percorso, così mi sono appoggiato a una cooperativa e abbiamo atteso circa un mese per ricevere i nostri sei ragazzi. Inizialmente avevamo chiesto di ricevere sei donne perché di solito hanno molte problematiche (spesso sono in attesa di un figlio o violentate) e necessitano del calore di una famiglia più di ogni altro. Però un giorno la prefettura mi ha telefonato perché non sapeva più dove mettere i migranti in arrivo, così mi hanno affidato i sei ragazzi, ed è iniziata l’avventura.
Le persone intorno a lei come hanno reagito?
Ci sono state molte critiche, ma bisogna saper accettare anche altri punti di vista e andare per la propria strada. Dietro alle critiche c’è l’ignoranza, ma bisogna anche essere aperti al dialogo con chi la pensa diversamente.
Qual è stata la critica più aspra che ha ricevuto?
Sicuramente quelle sui social network, ma non ci ho dato importanza. Il problema fondamentale è la mancanza di coscienza: è la conoscenza ciò che aiuta ad abbattere i muri.
Ha mai avuto ripensamenti?
No, e non voglio più tornare indietro. Questi sono i miei figli, e ci sarà sempre un posto a casa Calò per loro. Non ci sono mai state liti in famiglia: la loro presenza ci ha offerto l’occasione per stare insieme e capire il valore delle piccole cose. La nostra è stata una scelta di vita.
Bisogna saper stare con le persone e imparare a condividere, e anche se la diversità c’è, alla fine ci si rende conto che i valori della vita sono pochi ma essenziali: volersi bene, coltivare amicizie, avere una famiglia accogliente e un lavoro dignitoso. Ho avuto la fortuna di studiare e viaggiare e questo ha reso di me ciò che sono.
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