Retrospettiva dedicata ai documentari su Sarajevo del regista Giancarlo Bocchi

Il ponte Vrbanja del film _Il ponte di Sarajevo_ La piccola Benazira nel film _Gente di Sarajevo_

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L’ASSEDIO. MILLE GIORNI A SARAJEVO
Regia | Director Giancarlo Bocchi
Fotografia | Photography Giancarlo Bocchi
Montaggio | Editing Giancarlo Bocchi, Jacopo Quadri, Roberto Missiroli
Produzione | Production IMP- International Media Production
Italia e Bosnia 1994-2015, 60’ bosniaco con sottotitoli in italiano | Bosnian with Italian subtitles

Nell’aprile del 1992 il cinquantenne Hidajet, manager di un’azienda di Stato, ateo di famiglia musulmana e fervente ammiratore di Tito, in poche ore si ritrovò in prima linea. Era costretto a combattere nelle trincee di Sarajevo contro i “cetnici”, la milizia riemersa dai sepolcri della storia, che gli aveva ammazzato il padre partigiano nel 1942, prima ancora che lui nascesse. Hidajet, pur imbracciando le armi, lottava per non assuefarsi alla morte e non accettare una guerra così inspiegabile e avvolta da una ragnatela d’interessi inconfessabili. In città anche la sua famiglia era in prima linea. Nella casa sotto il fuoco dei cecchini e dell’artiglieria, la madre Muniba, già partigiana di Tito, e la moglie Gordena, serbo-montenegrina con nonni croati e italiani, difendevano ogni giorno le loro radici multietniche e resistevano all’assedio. Senza luce, senz’acqua, senza cibo, esse sostenevano Hidajet e Nebojsa, il figlio ventenne di Hidajet e Gordena, che studiava pittura e scultura all’Accademia, e passava tre giorni la settimana tra colori, pennelli, tele, sculture e gli altri quattro al fronte, con un fucile di precisione tra le mani. A vent’anni dalle prime riprese del film, Hidajet e i suoi familiari sono tornati a raccontare l’assedio. Muniba ha novantasei anni e vorrebbe morire senza vedere la quarta guerra della sua vita. Hidajet, dopo essere andato in pensione, si è laureato in letteratura e in una raccolta di poesie ha scritto: “Noi, gli ultimi del mondo di mezzo. Noi, tra i morti e i vivi”. Gordena è sempre afflitta e disperata per il suo paese oggi diviso in entità diverse in mano anche ai profittatori di guerra. Nebojsa è ormai un artista conosciuto a livello internazionale, ma punto da amarezza profonda. “La guerra è stata persa da tutti in ugual modo. E non solo abbiamo perso la guerra, ma abbiamo perso anche la pace”. Venti primavere sono passate, ma la lotta seguita ancora.

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DIARIO DI UN ASSEDIO

Regia | Director Giancarlo Bocchi
Fotografia | Photography Giancarlo Bocchi
Montaggio | Editing Jacopo Quadri
Produzione | Production IMP International Media Production
Italia e Bosnia, 1994-1996, 45’ italiano | Italian

Girato durante l’assedio della capitale bosniaca, “Diario di un assedio” raccoglie le testimonianze inedite di una decina di giornalisti italiani che hanno vissuto e raccontato i mille giorni di Sarajevo. È un “documento” girato da Giancarlo Bocchi come materiale di ricerca sul giornalismo di guerra in preparazione del lungometraggio per il cinema “Nemaproblema”. A vent’anni dalla fine della guerra, “Diario di un assedio” illumina aspetti politici, militari e anche umani degli avvenimenti svoltisi nella città assediata, consegnandoci un’indagine preziosa per la ricostruzione storica. Nel documentario, Ettore Mo, decano degli inviati di guerra italiani di quel periodo, tra racconto personale e testimonianza di una grande tragedia dice: “Amo moltissimo Sarajevo, amo il suo dolore, amo la sua angoscia, sono preso […] perché il dolore è infinito, perché la pena è infinita […] hanno cercato di distruggere l’animo di Sarajevo ma non la distruggeranno mai l’anima di Sarajevo”

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GENTE DI SARAJEVO
Regia | Director Giancarlo Bocchi
Fotografia | Photography Giancarlo Bocchi
Montaggio | Editing Giancarlo Bocchi
Produzione | Production IMP- International Media Production
Italia e Bosnia 1994-2015, 60’ bosniaco con sottotitoli in italiano | Bosnian with Italian subtitles

Vent’anni fa, il 18 marzo 1996, con l’applicazione delle ultime clausole del trattato di Dayton aveva termine l’assedio di Sarajevo. Dopo indicibili sofferenze durate più di mille giorni, i sarajevesi, silenziosi e composti nel loro dolore, tornarono quel giorno a popolare le strade della città. Non si abbandonarono a manifestazioni di esultanza, non sfilarono in parate, con discorsi ufficiali, plotoni d’onore, soldati pronti a scattare sull’attenti, nuovi e vecchi eroi da decorare. Sotto un cielo plumbeo, in quella giornata storica, regnava il silenzio. Per le vie della città finalmente libera, quasi stupiti di essere ancora vivi, c’erano anche Mimo, Greta, Serif, Edo e altri sconosciuti campioni di una strenua, formidabile resistenza umana alla barbarie, fatta di fame, sete e freddo, pioggia di granate, stragi, paura e assuefazione alla paura. I cittadini del film, vittime inermi e combattenti coraggiosi, creature offese ed eroi disarmati, tutti accomunati nel martirio di Sarajevo, resero allora, con il potere della parola, una testimonianza diretta e dolente che oggi dimostra di trascendere la narrazione documentaristica per farsi apologo esemplare su una fra le immani tragedie del secolo breve.

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IL PONTE DI SARAJEVO

Regia | Director Giancarlo Bocchi
Fotografia | Photography Giancarlo Bocchi
Montaggio | Editing Giancarlo Bocchi
Produzione | Production IMP International Media Production
Italia e Bosnia, 1995-2015, 90 italiano | Italian

Il ponte Vrbania è il luogo simbolo della tragedia bosniaca. Il 5 aprile 1992 inizia su quel ponte di Sarajevo l’assedio più lungo della storia e un anno dopo si compie il destino di Moreno “Gabriele” Locatelli. Il 3 ottobre 1993, per rompere in modo simbolico l’assedio della città, quattro attivisti dei “Beati i costruttori di pace” decidono di attraversare il ponte, conteso da tutte le forze militari in guerra. Locatelli, sebbene sia contrario a quella manifestazione suicida, si unisce a loro per aiutare gli eventuali feriti nell’impresa, che ritiene una trappola. A essere colpito da una raffica e abbandonato dai compagni a dissanguarsi sul ponte sarà proprio lui, Moreno “Gabriele” Locatelli, eroe suo malgrado predestinato, per quella passione per gli altri, i più deboli, anche negli inferni nostrani di Corleone e Scampia.
La vicenda, all’apparenza minore contro lo sfondo immane del conflitto più crudele e sanguinoso in Europa dalla Seconda Guerra mondiale, svela altro: un intreccio di interessi delittuosi, che prospera sulla falsificazione e sul crimine e avvolge e penetra gli attuali vertici della Repubblica di Bosnia, protetto da una cortina internazionale di ipocrisia e menzogna.